MAN_Museo d'Arte Provincia di Nuoro

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L’Invenzione della Sardegna

Pittura dalle collezioni del MAN e del Mus’A | 1900-1950

14.06  -  01.09.2013

Il Museo MAN e il Comune di Orosei, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Sassari e Nuoro e con il Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell’Università di Sassari, sono lieti di annunciare l’apertura della mostra “L’invenzione della Sardegna. Pittura dalle collezioni del MAN e del Mus’A – 1900-1950”.

Curata da Giuliana Altea e Maria Paola Dettori, la mostra intende fornire un quadro articolato della produzione pittorica in Sardegna nei primi cinquant’anni del XX secolo attraverso alcune opere di rilievo provenienti principalmente dalle collezioni del Museo MANe del Mus’A di Sassari. Il percorso si sviluppa in due sezioni, la prima dedicata al processo di costruzione di una nuova identità sarda da parte degli artisti (Museo MANdi Nuoro), la seconda dedicata al tema della rappresentazione del paesaggio sardo (L’Ormeggio di Orosei). Il progetto coglie l’occasione del rientro a Nuoro, dopo un lavoro di restauro, di alcune opere della collezione d’arte sarda del MAN, tra le quali “La cacciata dell’Arrendadore” di Mario Delitala, che in mostra sarà presentata al pubblico insieme alle quattro lunette allegoriche che componevano la decorazione del salone consiliare del
Comune di Nuoro (1924-26).

Sabato 15 giugno, giorno di apertura della sezione dedicata al paesaggio sardo, alle ore 17.00, nella Sala Siena del Museo Giovanni Guiso di Orosei, si terrà una conferenza aperta al pubblico nella quale saranno approfondite alcune delle tematiche affrontate nella mostra. Tra i relatori Lorenzo Giusti, direttore del Museo MAN, Giuliana Altea, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Sassari, Maria Paola Dettori, funzionario della
Soprintendenza di Sassari, Maria Albai, restauratrice, Antonella Camarda, storica dell’arte, Michele Carta, ricercatore (Centro studi Giuseppe Guiso).

La Costruzione dell'Identità

I primi cinquant’anni del Novecento sono quelli in cui gli artisti e intellettuali sardi elaborano e portano a definizione una nuova immagine della Sardegna. Alla percezione di una terra arretrata economicamente e socialmente subentra la visione di un Eden incontaminato, immune dai guasti della civiltà e del progresso. La cultura agropastorale, un tempo considerata espressione di arretratezza, viene ora assunta a perno della nuova rappresentazione dell’Isola. La realtà rurale sarda è dapprima osservata tramite il filtro di un naturalismo ancora di stampo ottocentesco da pittori quali Giacinto Satta, Antonio Ballero, Mario Paglietti, Giuseppe Altana. Quindi, nel clima primitivista degli anni Dieci, viene ritratta in chiave esotizzante e decorativa da Giuseppe Biasi e dai giovani influenzati dal suo esempio, quali Carmelo Floris, Mario Mossa De Murtas, Edina Altara, Melkiorre Melis, Paolo Maninchedda, Tona Scano.

L’esperienza della guerra e della trincea segna il diffondersi del nuovo sentimento identitario a livello popolare; consolidatosi con la nascita del partito sardista, questo non verrà meno neppure durante il fascismo. Negli anni Venti saranno soprattutto Mario Delitala, Filippo Figari e Stanis Dessy a farsene interpreti con una pittura realista nutrita di echi classicheggianti, incentrata sui temi – propri tanto dell’ideologia del regime quanto dell’etica sardista – del lavoro, della famiglia, della fede. Sono temi esemplarmente rispecchiati dalla decorazione di Mario Delitala per la sala consiliare del Comune di Nuoro (1926), della quale, in occasione del restauro del grande quadro del MAN “La cacciata dell’Arrendadore”, già centro focale della sala, verrà ricostruito in mostra l’intero complesso decorativo.
Negli anni tra le due guerre, con l’apporto di artisti come Cesare Cabras, Pietro Antonio Manca, Giovanni Ciusa Romagna, Antonio Mura, Tarquinio Sini, Francesca Devoto, vengono gettate le basi di un’iconografia regionalista che dominerà la pittura sarda ancora nei due decenni successivi, mentre il robusto realismo iniziale si andrà successivamente smorzando e ammorbidendo con lo sfumare dei presupposti ideologici che ne avevano guidato il nascere. Ma già nel corso degli anni Trenta strade alternative al discorso prevalente mostrano due figure eccentriche come quella di Brancaleone Cugusi da Romana, con una figurazione solenne, carica di echi rinascimentali ma anche intrisa di romanticismo, e di Salvatore Fancello, la cui trasfigurazione tenera, fantastica e ironica di una Sardegna rivissuta nel ricordo chiude il percorso della mostra.IL PAESAGGIO SARDO | L’ORMEGGIO, Orosei
La seconda sezione è più specificamente incentrata sul tema della rappresentazione del paesaggio sardo.
Intensamente frequentato da protagonisti del contesto locale del primo Novecento come Antonio Ballero e
Felice Melis Marini, il paesaggio appare sotto una nuova luce nelle opere dei pittori degli anni Dieci, periodo in cui
comincia a diffondersi tra gli artisti l’abitudine di soggiornare nelle località dell’interno dell’Isola. Quello di Giuseppe
Biasi, Mario Mossa De Murtas o Melkiorre Melis è un paesaggio “in costume” come lo sono le presenze umane
che lo popolano; un colorato fondale per il dispiegarsi di sagre e processioni, stilizzato in cadenze geometriche
che tramutano in scenari da presepe il panorama delle vallate delle montagne e dei villaggi.
La temperie più austera e meditativa del primo dopoguerra trova riscontro nella sobria malinconia delle vedute
di Carmelo Floris e nella monumentalità di quelle di Filippo Figari, come, più tardi, nelle asciutte cromie dei paesi
di Giovanni Ciusa Romagna. Ma al paesaggio si dedicano si può dire tutti, protagonisti e comprimari della pittura
sarda della prima metà del Novecento, spartendosi ambiti e zone di pertinenza: Olzai a Carmelo Floris, Aritzo a
Stanis Dessy, Arzana a Mario Delitala, il Campidano a Cesare Cabras, ecc.
Nel secondo dopoguerra, l’intensa caratterizzazione locale delle vedute primonovecentesche scompare definitivamente
per far posto a immagini più generiche, spesso soffuse di romanticismo e nostalgia. Ideale cesura, e
termine della mostra, è il paesaggio con gregge di Maria Lai del 1959, in cui natura organica e inorganica si saldano
senza soluzione di continuità nell’estrema riduzione formale dell’immagine.

IL PAESAGGIO SARDO | L’ORMEGGIO, Orosei


La seconda sezione è più specificamente incentrata sul tema della rappresentazione del paesaggio sardo.
Intensamente frequentato da protagonisti del contesto locale del primo Novecento come Antonio Ballero e
Felice Melis Marini, il paesaggio appare sotto una nuova luce nelle opere dei pittori degli anni Dieci, periodo in cui
comincia a diffondersi tra gli artisti l’abitudine di soggiornare nelle località dell’interno dell’Isola. Quello di Giuseppe
Biasi, Mario Mossa De Murtas o Melkiorre Melis è un paesaggio “in costume” come lo sono le presenze umane
che lo popolano; un colorato fondale per il dispiegarsi di sagre e processioni, stilizzato in cadenze geometriche
che tramutano in scenari da presepe il panorama delle vallate delle montagne e dei villaggi.
La temperie più austera e meditativa del primo dopoguerra trova riscontro nella sobria malinconia delle vedute
di Carmelo Floris e nella monumentalità di quelle di Filippo Figari, come, più tardi, nelle asciutte cromie dei paesi
di Giovanni Ciusa Romagna. Ma al paesaggio si dedicano si può dire tutti, protagonisti e comprimari della pittura
sarda della prima metà del Novecento, spartendosi ambiti e zone di pertinenza: Olzai a Carmelo Floris, Aritzo a
Stanis Dessy, Arzana a Mario Delitala, il Campidano a Cesare Cabras, ecc.
Nel secondo dopoguerra, l’intensa caratterizzazione locale delle vedute primonovecentesche scompare definitivamente
per far posto a immagini più generiche, spesso soffuse di romanticismo e nostalgia. Ideale cesura, e
termine della mostra, è il paesaggio con gregge di Maria Lai del 1959, in cui natura organica e inorganica si saldano
senza soluzione di continuità nell’estrema riduzione formale dell’immagine.

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