MAN_Museo d'Arte Provincia di Nuoro

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BYO

Bring Your Own

23.09.2005  -  08.01.2006

Con BYO. Bring Your Own il MAN dà  un titolo non tanto a una mostra quanto a un'attitudine che ha caratterizzato la sua breve storia e consolida nello stesso tempo un abito che vuole sottolineare la capacità  di apertura, ospitalità  e attenzione di un museo contemporaneo inserito in un contesto così eccentrico.

Il MAN, agile e versatile, non esita a fare spazio, mettendo da parte temporaneamente la propria collezione per ospitarne un'altra, e in questo movimento offre il proprio spazio fisico come protagonista, non solo neutro libro bianco pronto ad essere scritto, ma complessa "struttura" con la quale dialogare per poter scrivere un nuovo racconto. 

Esporre una collezione d'arte in un contesto diverso da quello originario, significa necessariamente ricalibrarla e reinterpretarla; ciò appare tanto più vero nel caso della Fondazione Teseco per l'Arte, le cui opere, in perfetta coerenza con gli obiettivi culturali dell'azienda, volti a divulgare le tematiche del contemporaneo ad un pubblico più ampio di quello degli addetti ai lavori, sono installate all'interno della Palazzina Direzionale di Teseco, un ambiente difficilmente assimilabile a quello asettico di un museo, dove invece le opere contribuiscono non solo a disegnare lo spazio ma definiscono una vera e propria partitura concettuale. 

BYO. Bring Your Own si presenta dunque come un'amplia selezione: il risultato di uno sguardo "esterno" che vuole proporre un avvicinamento alle opere della collezione senza produrre un automatico allontanamento dal progetto che le ha riunite. Proprio perchè realizzare una mostra (come dare vita a una collezione) significa comunque operare una selezione, nel progettare l'esposizione ci siamo rapportati alla totalità  della collezione Teseco come a un panorama dato, con l'intento di far emergere chiaramente alcune linee presenti al suo interno ma rese meno esplicite dalla notevole quantità  di materiale acquisito dalla Fondazione nell'arco di circa quindici anni.

Una mostra è sempre l'espressione di un punto di vista particolare, e ciò che qualifica e rende autentico un punto di vista non è la presunta capacità  di visione globale, ma la volontà  di trasformare uno sguardo, comunque "parziale" (la limitazione è una condizione stessa del vedere), in una visione "mirata" e "delimitata": solo all'interno di quest'ultima prospettiva ogni presenza trova, in un'esposizione, la sua necessaria e corretta giustificazione in relazione a uno spazio dato e alle altre presenze, in una sorta di reciproca illuminazione. 

Il catalogo che accompagna la mostra non è dunque leggibile come esaustivo della collezione Teseco ma come lo strumento di un'esposizione che, mirata e delimitata, si propone di proiettare una luce particolare sulla scena dell'arte italiana e internazionale degli ultimi anni, a partire dalle opere di una collezione. Una mostra che spazia dalla fotografia alla scultura, dal video alla pittura, ma anche da grandi installazioni a opere decisamente più intime, attenta al panorama internazionale senza per questo dimenticare le giovani presenze nazionali o rinunciare al sapiente recupero di importanti artisti formatisi negli anni Sessanta e Settanta, non così noti nel nostro paese. 


A cura di Saretto Cincinelli e Alberto Mugnaini 


Gli artisti: Marina Abramovic, Franz Ackermann, Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Vanessa Beecroft, Elisabetta Benassi, Simone Berti, Botto e Bruno, Matti Braun, Candice Breitz, Antonio Catelani, Claude Closky, Daniela De Lorenzo, Carlo Fei, Adam Fuss, Alberto Garutti, Vidya Gastaldon e Jean-Michel Wicker, Alex Hartley, Thorsten Kirchhoff, Jürgen Klauke, Yayoi Kusama, Eva Marisaldi, Amedeo Martegani, Laura Matei, Zwelethu Mthethwa, Juan Muñoz, Luigi Ontani, Panamarenko, Luca Pancrazzi, Cornelia Parker, Paola Pivi, Tobias Rehberger, Andrea Santarlasci, Cindy Sherman, Elisa Sighicelli, Katharina Sieverding, Hiroshi Sugimoto, Giovanni Surace, Wolfgang Tillmans, Patrick Tuttofuoco, Francesco Vezzoli, Chen Zhen, Heimo Zobernig, Italo Zuffi. 

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