Dal museo alla città, dalla città al museo
– Elisabetta Masala –
Negli anni Sessanta e Settanta la scultura italiana attraversa una vera rivoluzione. Esce dalle sale dei musei, abbandona i piedistalli e le piazze monumentali, per scendere tra la gente, nelle strade, nelle fabbriche, nelle scuole. È in questi anni che si afferma una nuova idea di spazio e di pubblico: l’opera non è più un oggetto statico, ma un’esperienza collettiva, un’occasione d’incontro e di partecipazione. Non più un’arte da contemplare, ma da vivere.
In un’Italia attraversata da tensioni politiche e trasformazioni urbane, Franco Mazzucchelli (Milano 1939) si fa interprete di queste pulsioni con lavori che non vogliono rappresentare la realtà, ma agire su di essa. Ne è esempio il suo intervento a Volterra ’73, mostra voluta dal critico Enrico Crispolti e dall’artista Mino Trafeli, che ribadisce il dialogo tra scultura e città, esaltandone la componente sociale e di aggregazione.
Come scriveva Crispolti, il destino più alto della scultura è la dimensione urbana[1]. Mazzucchelli interpreta questo concetto con leggerezza e radicalità. I suoi gonfiabili in PVC — sculture leggere, mutevoli, effimere — non celebrano eroi né commemorano eventi, ma restituiscono allo spazio pubblico la sua funzione originaria di incontro.
Attraverso le sue installazioni gonfiabili Mazzucchelli libera la scultura dalla gravità del bronzo e del marmo, restituendola all’aria e alla vita quotidiana. La mostra del MAN dedicata a Franco Mazzucchelli, intitolata Blow up, racconta questo passaggio cruciale. I monumentali gonfiabili in PVC, installati in spazi pubblici senza autorizzazione, davanti a scuole e fabbriche, non chiedevano di essere guardati, ma toccati, abitati, talvolta persino rubati. L’artista documentava poi le reazioni dei passanti, trasformando il gesto del “lasciare andare” in un atto di condivisione.
Blow up rinnova oggi quella riflessione, riportando al centro l’idea che il museo non sia un luogo separato, ma un organismo vivo e in costante scambio. Dal museo alla città, dalla città al museo, l’arte continua a interrogare il suo ruolo, a riscrivere il rapporto tra opera e spettatore, a misurare la distanza e la prossimità tra estetica e vita.
[1] Enrico Crispolti, Destino urbano della scultura, in «La Nuova Città», n. 2-3, Firenze, Edizioni Polistampa, luglio-dicembre 2001.

