#10_Contemporanea

9 Ott 2025

– Elisabetta Masala –

…Di arte e relazioni

Ci sono fili invisibili che uniscono persone, luoghi e memorie. L’arte, quando diventa gesto condiviso, ha il potere di renderli visibili, di intrecciarli in una trama comune. In Sardegna questo potere ha trovato una delle sue manifestazioni più eclatanti con Legarsi alla montagna, l’azione che Maria Lai realizzò a Ulassai l’8 settembre 1981. Per un giorno il paese intero si trasformò in un palcoscenico corale: ventisei chilometri di nastro azzurro legarono case, balconi e infine la montagna, intrecciando amicizie, rancori, speranze e ricordi in un unico gesto. Un rito collettivo che anticipava, di quasi due decenni, la riflessione internazionale sull’arte relazionale, teorizzata nel 1998 dal critico d’arte francese Nicolas Bourriaud.


È su questo solco che si colloca la ricerca di Ilaria Turba, che al MAN presenta la mostra I pani del desiderio. Per l’artista, l’arte è un dispositivo di ascolto e trasformazione, capace di aprire spazi di incontro in cui i desideri si fanno collettivi. Il progetto nasce nel 2019 nei quartieri nord di Marsiglia, con laboratori aperti a tutti, in cui persone di culture diverse hanno modellato il pane, affidando sogni e parole a forme condivise. Cotti in un forno comune, quei pani evocavano un gesto antico di vicinanza, capace di unire saperi, storie e sogni.

Negli anni, Turba ha raccolto centinaia di pani e altrettanti desideri, fino all’approdo in Sardegna, terra dove le tradizioni dei pani rituali sono ancora vive nelle feste comunitarie. È qui, nella comunità di Villaurbana, che il progetto ha trovato il suo compimento simbolico: i pani sono tornati al fuoco trasformandosi in polvere nera. Non una fine, ma una rinascita: un atto corale, assieme di festa e metamorfosi che restituisce i desideri alla materia e apre nuove possibilità di creazione.


Se Maria Lai, con il suo nastro azzurro, ci ha insegnato che l’arte può legare comunità e generare nuove storie, Ilaria Turba rinnova questa lezione nel presente, in un tempo che ha bisogno di desideri comuni per guardare lontano. Al centro non rimane l’oggetto, ma la relazione: la cura dei gesti, il tempo condiviso, la possibilità che dall’incontro nasca una bellezza che appartiene a tutti.


Come scrive Nicolas Bourriaud, “ogni opera d’arte sarebbe la proposta di abitare un mondo in comune, e il lavoro di ciascun artista una trama di rapporti col mondo che genererebbe altri rapporti, e così via, all’infinito”.