– Chiara Gatti –
Sabato prossimo, in occasione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, l’Associazione dei musei d’arte contemporanea italiani, il MAN propone una tavola rotonda sul tema “Museo e comunità”. L’affondo si allinea agli argomenti in discussione, ovvero il museo e la formazione plurale, il museo e l’educazione, ma soprattutto il museo come luogo di condivisione di esperienze e di saperi.
Il MAN, come museo che da sempre opera sul territorio, cercando di ascoltare, custodire e valorizzare l’identità del luogo e il suo patrimonio materiale e immateriale, si interroga oggi su quali altri muri abbattere affinché sia possibile uscire integralmente dai propri spazi per abitare le aeree della collettività, dilagando nei quartieri ai margini, sconfinando nel paesaggio.
Non un’azione di appropriazione, tipica di molti interventi storici di land art, ma di innesto rispettoso fra polarità, laddove la vitalità del museo si possa saldare con quella del territorio su cui insiste, generando e nutrendo – per metafora botanica – la chioma di un futuro esemplare. Ogni parte, pur conservando la propria identità, andrebbe così ad arricchire l’altra e, insieme, un tessuto comune. Partecipazione, sostenibilità, collettività, sono le parole che ritornano nel lessico odierno dell’arte. E si assiste, infatti, all’apertura dei musei verso contesti naturali, ma anche periferici, laddove la necessità di un dialogo si fa più urgente.
Il MAN ha visto danzare Virgilio Sieni sul nuraghe di Tanca Manna; ha accompagnato gli artisti in residenza lungo i sentieri del Supramonte; ha finanziato (con l’Accademia di Sassari) un viaggio in barca a vela davanti alle coste della Planargia, per poi addentrarsi nelle cave di Suni; e, ancora, ha cotto pani rituali con i cittadini di Villaurbana nel progetto toccante di Ilaria Turba, I pani del desiderio, in questi giorni esposto nella project room.
Durante la tavola rotonda – animata da relatori che conoscono e vivono dentro la comunità – si parlerà di molte tappe importanti di un viaggio culturale di cui l’edifico fisico del nostro museo rappresenta solo una stazione di sosta, una fermata intermedia sulla mappa di una esperienza diffusa.