L’insostenibile leggerezza delle politiche culturali
– Chiara Gatti –
Il bando del Ministero della Cultura per i “borghi più belli d’Italia” premia da alcuni anni i centri storici che si dedicano alla cura del tessuto urbano e alla valorizzazione della sua identità e delle sue eccellenze. Nell’elenco dei luoghi, compaiono paesi ovviamente celebri, come Sabbioneta in Lombardia, Triora in Liguria o Radicofani in Toscana; ma emergono anche siti meno noti alle cronache, fuori delle mappe o delle guide turistiche, che hanno meritato la segnalazione per una politica culturale mirata a contrastare lo spopolamento, a incentivare la crescita economica, sostenibile e inclusiva per la comunità.
Credere nel proprio territorio, nella sua storia e nel suo tessuto fatto di sedimentazioni e di appartenenze fortissimamente radicate nella memoria del posto, è l’unico modo per immaginare la rigenerazione delle città e la riqualificazione dei centri desertificati per poco lungimiranti azioni di gentrificazione, abbagliate dal sogno di nuovi quartieri moderni, tanto quanto impersonali e poveri di contenuti. Situazione che, purtroppo, tocca anche Nuoro e i suoi meravigliosi quartieri antichi, punteggiati di tracce indelebili di un’epoca romantica, vera e pura, sbiaditi nell’incuria di una depressione urbana, nell’abbandono degli edifici cadenti, nella malinconia di una segnaletica usurata, arrugginita come il decoro dei corsi principali o delle arterie che conducono ai siti di interesse, fra cui Piazza Satta o la Solitudine, nome ideale per definire lo stato di dimenticanza che aleggia attorno al capolavoro trascurato di Maria Lai.
Se il bando del MIC per i borghi si allinea a una nutrita scelta di possibilità di investimento sul patrimonio dei paesi, che contempla altri bandi mirati, come le varie “capitali” della cultura o (più recente) dell’arte contemporanea, sarebbe comunque auspicabile che un’amministrazione pubblica, sensibile al destino della propria terra e dotata di una visione illuminata, fosse in grado di porre gli obiettivi fondamentali della vivibilità, del benessere e della bellezza condivisa in cima all’elenco delle urgenze, consapevole che investire nella qualità della vita e dell’ambiente, nelle proposte culturali e nei siti che le rappresentano, sia l’unico modo per garantire – come diceva Kundera – “la sopravvivenza di un popolo e della sua storia”.