Lavoro, dignità e bellezza: il modello Olivetti
Nel cuore della mostra dedicata a Giovanni Pintori, geniale direttore artistico della Olivetti, si respira un’idea di lavoro che va oltre la produttività: un lavoro pensato come strumento di emancipazione, di cultura, di bellezza. In prossimità del Primo Maggio, Festa dei Lavoratori, il pensiero corre naturalmente ad Adriano Olivetti, visionario che fece della fabbrica un laboratorio di civiltà.
Imprenditore “umanista”, concepiva l’impresa come un attore sociale e culturale. Nella Ivrea del dopoguerra, alla catena di montaggio si affiancavano biblioteche, case editrici, centri di formazione e quartieri modello. Immaginò una fabbrica che non fosse solo luogo di produzione, ma spazio di cultura, cittadinanza, responsabilità collettiva. L’impresa non come macchina per generare profitto, ma come organismo vivo, radicato nel territorio e al servizio della comunità.
Attraverso il linguaggio del design, Pintori rese tangibili i valori dell’impresa Olivetti: l’armonia tra funzione e bellezza, tra innovazione e responsabilità sociale. Le sue pubblicità, essenziali e poeticamente funzionali, parlano ancora oggi di un modello di sviluppo fondato sulla centralità della persona, sulla qualità del tempo e dello spazio, sulla dignità del lavoro.
Oggi, nel tempo delle piattaforme digitali, dei lavori “liquidi” e della produttività senza tregua, la proposta olivettiana appare quasi rivoluzionaria. Parlare di lavoro significa interrogarsi sul tempo, sulla salute, sull’ambiente, sui diritti negati o cancellati. Ma significa anche – e soprattutto – riaprire una riflessione su cosa voglia dire lavorare bene, per sé e per gli altri.
Nel nostro tempo, segnato da precarietà, iperproduttività e crisi ambientale, il progetto olivettiano – e l’estetica che lo ha raccontato – offre spunti attualissimi. Ripensare il lavoro come luogo di senso, e non solo di profitto, è forse una delle sfide culturali più urgenti. In questo, l’arte e il design tornano a essere strumenti di immaginazione politica.
Alessandro Moni