#4_Contemporanea

17 Apr 2025

In un’epoca che sembra aver allentato il legame con i riti e i simboli della tradizione, la Pasqua riporta l’attenzione su un mistero che continua a interrogarci: la morte, il sacrificio e, soprattutto, la possibilità di rinascita.

Non è necessario essere credenti per riconoscere nella croce un archetipo universale, simbolo di dolore, resistenza e trasformazione. Eppure, quello tra arte e fede rimane un dialogo complesso, come ricorda anche il gesuita Andrea Dall’Asta, dal 2002 direttore della Galleria San Fedele di Milano.

Quando si parla di arte sacra, infatti, il pensiero corre rapidamente ai grandi capolavori del passato — dalle icone medioevali alle imponenti pale d’altare del periodo barocco. Tuttavia, anche nella collezione del MAN troviamo opere che riflettono su questi temi. Le processioni religiose, con il corpo di Cristo in croce che attraversa le strade tra folla e silenzio, diventano immagini emblematiche della devozione popolare.

Giovanni Ciusa Romagna le raffigura nella sua celebre Processione (1933) e in una versione meno conosciuta del 1945.

Negli stessi anni, Carmelo Floris e Mario Delitala restituiscono la solennità di quelle scene, mentre oggi, proprio nel giorno del Giovedì Santo, torna alla mente Giovedì Santo (1928) di Francesco Congiu Pes.

Ma cosa resta del sacro nell’arte contemporanea? 

Se nel Novecento l’arte ha ancora cercato di esprimere il mistero attraverso la bellezza iconica e la sacralità del gesto, molti artisti contemporanei affrontano il sacro con linguaggi che rivelano — talvolta con crudezza — la tensione tra spirito e carne, tra promessa e dolore. 

L’artista greco, ma romano d’adozione, Jannis Kounellis (1936-2017) affronta questo tema in modo radicale.

La sua installazione Senza titolo (Svelamento), creata nel 2012 per la Galleria San Fedele, è un’opera site-specific costituita da un grande sacco appeso a una trave. Esso cela una croce al suo interno: la sua forma non si vede, ma si intuisce dal peso che tende il tessuto, come una verità che preme per emergere. Il carico è insostenibile. 

Kounellis non rappresenta la Crocifissione, la evoca. Ne mette in scena la tensione, l’attesa che precede la resurrezione.

La croce, nascosta, attende di essere riconosciuta. È forse questo lo stato della spiritualità contemporanea: un peso invisibile, reale, che chiede di essere svelato?

L’arte contemporanea, liberata dalla rappresentazione, può penetrare il mistero in modi nuovi, aprendo varchi poetici, riportando al centro della visione il dolore e, soprattutto, la speranza.

Elisabetta Masala

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