#5_Editoriale_MAN MUG

18 Mar 2025

Io resto qui

Ha fatto discutere la decisione della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma di limitare il tempo di visita al museo con un biglietto di ingresso dalla durata limitata a tre ore. Dopo di che, tutti fuori. È evidente che ogni museo abbia politiche di accoglienza in base alle proprie possibilità e necessità.

Le dinamiche dei flussi negli spazi caotici degli Uffizi o dei Vaticani, per esempio, chiederebbero restrizioni utili, sia dal punto di vista igienico (per evitare assembramenti anche al di là del covid), sia dal punto di vista della fruizione delle opere, del loro godimento non impedito da fiumane in transito nelle sale come armenti nei dipinti di Segantini. 

Ma questi sono casi straordinari che catalizzano il turismo di massa, generalmente allergico all’approfondimento, alla curiosità del nuovo o ai tragitti meno battuti.

Proprio questi tragitti – che sono ben superiori rispetto al numero succinto delle mete pop – restano al centro di quella famosa strategia dell’ospitalità varata dai musei anglosassoni almeno una ventina di anni fa e che promuove il museo come luogo di approdo e non di passaggio: un luogo dove restare, un luogo da abitare, un luogo così versatile da offrire servizi votati alla “slow experience”, l’esperienza museo, che mira a prolungare il tempo di permanenza e non certo a sforbiciarlo.

Per questo sono nate le caffetterie, le biblioteche e gli ambienti per la lettura, i laboratori per ogni età, gli stessi bookshop e le proposte collaterali giunte a contemplare persino corsi di yoga o di pilates. Restare al museo significa respirare arte e cultura anche quando si beve un cappuccino o si fa stretching. 

Noi del MAN – spazi permettendo – abbiamo ospitato nel tempo attività di ogni natura (yoga compreso), degustazioni, danza e jazz, shooting con le opere, lezioni di arte contemporanea e, insieme, workshop rivolti al pubblico. Quando la nuova sede di piazza Satta sarà finalmente ultimata, oltre al caffè, prevediamo un ampio locale destinato alla biblioteca, dove i ragazzi delle scuole possano fermarsi a studiare e i cittadini leggere riviste o giornali senza che nessuno controlli l’ora di ingresso per indicare loro gentilmente l’uscita.

Sogniamo, insomma, un museo unlimited, un’accoglienza h24, aperture no-stop per famiglie coi bambini che scelgano il museo come destinazione nel tempo libero. Dunque, davanti alle mille difficoltà che arrovellano la vita dei musei, fra sostenibilità, valorizzazione necessaria, costi alle stelle e, soprattutto, una missione civile da portare decorosamente a termine, forse l’ultimo dei problemi dovrebbe essere un biglietto temporizzato come quello del metrò.

Perché se la lotta quotidiana resta quella di fare arrivare il pubblico al museo, il vero dilemma sarà, d’ora in avanti, come impedirgli di andarsene via.

Chiara Gatti 

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