Oligarchi digitali e il controllo della verità
La mostra dedicata a Giovanni Pintori, maestro della comunicazione visiva e narratore capace di trasformare oggetti industriali in icone di stile, è un interessante punto di partenza per riflettere sulle dinamiche della comunicazione contemporanea. Il talento di Pintori nel sintetizzare concetti complessi in immagini potenti e immediate ci ricorda quanto sia cruciale il modo in cui i messaggi sono costruiti e diffusi.
Come un manifesto pubblicitario può rendere memorabile un prodotto, così una certa narrazione può rafforzare o distorcere la ricezione degli eventi. Questa capacità di orientare la percezione mediante il linguaggio visivo trova oggi un inquietante parallelo nelle strategie adottate nei media e nei social network, dove immagini e simboli sono spesso utilizzati per manipolare il consenso.
Nel panorama contemporaneo dell’informazione, il controllo dei grandi conglomerati tecnologici e mediatici sta ridefinendo infatti i confini della libertà di espressione e del diritto alla verità. Negli ultimi mesi, decisioni strategiche prese da colossi come X e Meta e interventi diretti da parte di figure influenti come Jeff Bezos hanno sollevato interrogativi profondi sul futuro del giornalismo e della verifica dei fatti.
Da quando Elon Musk ha acquisito Twitter, ora X, la piattaforma ha subito cambiamenti radicali che hanno favorito la diffusione di teorie complottiste e contenuti dell’estrema destra. La riduzione della moderazione dei contenuti e il ripristino di account precedentemente banditi per incitamento all’odio hanno contribuito a rendere X un terreno fertile per la disinformazione.
Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha annunciato la fine del suo programma di fact-checking negli Stati Uniti.
Attivo dal 2016, questo programma si basava sulla collaborazione con organizzazioni indipendenti per verificare l’accuratezza delle informazioni diffuse sulle sue piattaforme. La sua abolizione segna un passaggio critico: l’azienda affida ora il controllo della disinformazione a un sistema di note comunitarie, lasciando agli utenti il compito di aggiungere contesto ai post.
Parallelamente, Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, nel periodo successivo alle elezioni USA, ha avviato un processo di trasformazione della linea editoriale del quotidiano, orientandolo verso un sostegno più esplicito a determinate posizioni politiche e sociali. Tale cambio di rotta solleva questioni spinose sul ruolo dei proprietari privati nel gestire il contenuto delle notizie e sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica su scala globale.
La crisi dell’informazione non è un fenomeno isolato. Quando le piattaforme digitali cessano di verificare i contenuti e i giornali sono guidati da logiche di potere, la società intera rischia di perdere strumenti fondamentali per comprendere il mondo che la circonda. Diventa allora centrale promuovere il pensiero critico e la consapevolezza attraverso il filtro dell’arte e il dibattito culturale.
Alessandro Moni