Edina Altara, S’isposa, 1919, collage di carte colorate, cm 23×24, Collezione MAN
Edina Forbicicchia, come veniva vezzosamente chiamata da Paola Lombroso Carrara, alias Zia Mariu, già dalla tenera età spicca per le sue doti creative e la sua abilità manuale.
Autodidatta, cresce nell’ambiente borghese della Sassari dei primi del Novecento.
Proprio nei primi anni del secolo, in Sardegna, artisti e intellettuali dell’epoca sono intenti a unire le forze e ricostruire una veritiera immagine dell’isola, a definirne una identità capace di annullare gli stereotipi di isola selvaggia, covo di briganti, e in generale, terra derelitta. Tra di essi, il maestro Giuseppe Biasi che Edina conosce bene, essendo un amico di famiglia.
In effetti fu proprio lui a scorgere la scintilla creativa di Edina e proporle di esporre nel 1915 nella sala sarda della Secessione Romana, una mostra che tuttavia non si concretizzò.
L’anno successivo si riscatta partecipando alla mostra della Mobilitazione civile (Sassari), sempre su invito di Biasi per poi proseguire alla Mostra Campionaria del giocattolo (Milano), dove non passa inosservata nemmeno allo sguardo attento della critica.
Il suo percorso artistico inizia con la realizzazione di collage (da non dimenticare il bellissimo ‘Nella terra degli intrepidi sardi‘ oggi al Quirinale, acquistato da Vittorio Emanuele III nel 1917) per crescere nel tempo per affermarsi poi in altri campi come, per esempio, quello dell’illustrazione.
I collage, di cui la piccola opera del MAN è uno dei più riusciti, è testimonianza della modernità di Edina e della sua mente vivace e fervida.
In buone condizioni conservative, S’isposa (23×24 cm) è firmata e datata dall’artista e fu realizzata come omaggio ‘al pittore Melis’ (Melkiorre, n.a.), al tempo direttore della Rivista sarda con cui Edina collabora proprio a partire dal 1919.
Piccoli ritagli di carta colorata decorano le due bande del vestito della sposa, un abito che non segue il tradizionale modello sardo ma che già rivela una certa modernità superando la tradizione e mescolando ascendenze quasi esotiche.
La figura si completa poi con un alto copricapo da cui partono due nastri arancioni che due paggetti dalle buffe guance rosa si apprestano a sostenere.
Emblematico lo sguardo della donna, così tipico del decorativismo di quegli anni di cui il maggiore esponente fu proprio Melkiorre Melis.
Il museo ha approfondito la figura di Edina e del marito Vittorio Accornero (sino al 1934), in una indimenticabile mostra del 2022, dove anche l’allestimento è stato pensato come una scenografia fiabesca, ispirata dalle vite dei due artisti.
Rita Moro