MAN_Museo d'Arte Provincia di Nuoro

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Maria Lai

Ricucire il mondo. Dagli anni Ottanta al Duemila

12.07  -  12.10.2014

L’esposizione, realizzata grazie al contributo della Fondazione Banco di Sardegna, propone un percorso cronologico e tematico strutturato in tre diverse sedi: il Palazzo di Città di Cagliari, il Museo MAN di Nuoro, il paese di Ulassai. Con più di trecento opere provenienti da raccolte sia pubbliche sia private, oltre che dalla collezione della famiglia, Ricucire il mondo è la prima retrospettiva completa dedicata all’artista.

La sezione di Ricucire il mondo ospitata dal MAN, a cura di Barbara Casavecchia e Lorenzo Giusti, si concentra sulla fase più matura della produzione di Maria Lai, dagli anni Ottanta sino alla scomparsa, analizzando la fitta trama di relazioni che l’artista tesse col mondo al di fuori del proprio studio.

Mentre continua a realizzare i cicli (qui esposti) di Telai, Lenzuoli, Libri cuciti, cui si aggiungono le visioni cosmiche delle Geografie, Lai coinvolge il pubblico nella riflessione sul potenziale liberatorio dell’arte attraverso opere pubbliche site-specific, azioni collettive, performance, scritture teatrali.

Il percorso si apre al terzo piano con il lavoro che funge da intersezione tra le sedi di Cagliari, Nuoro e Ulassai: l’azione Legarsi alla montagna(1981), qui rappresentata da un frammento del nastro originale, dall’installazione con la quale Maria Lai volle riassumere quell’esperienza in occasione della sua precedente personale al MAN (Come per gioco, 2002) e da una serie delle celebri foto documentarie in bianco e nero scattate da Piero Berengo Gardin, sulla quali Lai intervenne colorando di celeste il nastro in ogni immagine. Tramite inediti materiali documentari, foto, video e alcune delle opere prodotte dall’artista nelle diverse occasioni, la mostra documenta tutti gli interventi e le azioni ambientali di Lai, da Reperto(Villasimius, 1982), La disfatta dei varani (Camerino, 1983), L’alveare del poeta(Orotelli, 1983) fino a L’albero del miele amaro (Siliqua, 1997), i cui lenzuoli stesi e intessuti di parole accompagnano il visitatore fin dall’ingresso. Vediamo Lai sovrintendere alla creazione di maschere, copricapi, poesie, o invitare i bambini a rotolare vecchi giocattoli nella sabbia per farne sculture. Il “filo” teso da Lai al pubblico passa attraverso il racconto: per esempio, di una storia antica come quella di Maria Pietra – alla quale è dedicata una speciale sezione tematica  – la protagonista del racconto Cuoremio di Salvatore Cambosu, maestro di Lai, che diventa l’archetipo della magia salvifica dell’arte. La letteratura e, soprattutto la poesia, alternanza ritmica di parole e silenzi, pieni e vuoti, oralità e scrittura è il serbatoio dal quale Lai attinge per comunicare. Altri canali coi quali Lai “chiama l’altro a vedere una parte di sé” sono il teatro e la messa in scena: a raccontarlo qui, gli spartiti originali cantati dalla soprano Ille Strazza, scenografie della Compagnia Fueddu e Gestu, i copricapi fatti indossare al pubblico in occasione di una performance alla Galleria Tommaseo di Trieste (1986).  

Il legame con l’universo infantile (inteso come “luogo dell’anima”) e la pedagogia è uno degli elementi più ricchi e vitali di questo periodo, che porta Lai a creare fiabe cucite e libri (Tenendo per mano il sole, 1984; Tenendo per mano l’ombra, 1987; Il dio distratto, 1994; Curiosape, 2002), giochi (Il volo del Gioco dell’Oca, 2002), mazzi di carte (I luoghi dell’arte a portata di mano, ), calligrammi, laboratori (Segni e sogni, 1991, che da Cagliari la porta all'Atelier des Enfants del Centre Pompidou di Parigi) sperimentazioni di teatro-scuola ad Alessandria, Prato, Mira (VE), Cagliari, i cui percorsi si intrecciano fruttuosamente nel lavoro dell’artista.

Al MAN, Come Piccole Api Operaie I (Nuoro), l’opera a quattro mani di Claudia Losi e Antonio Marras, rende un omaggio affettuoso a Maria Lai tramite una tessitura di fili metallici che parte dall’esterno del museo per attraversarne a zig-zag muri e finestre, fino a “legare” alle pareti una miriade di oggetti intimi (cartoncini d’auguri, gioielli, stoffe, ricami), realizzati da Lai nel corso della propria vita e donati ad amici, parenti, sodali. Ne sottolinea così il ruolo di artista attiva nella propria comunità, che generosamente condivide e “disperde” la propria opera, in privato come in pubblico.

 

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